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Elementi “interni” della pratica del Tàijíquán

Uno dei punti fondamentali del Tàijíquán è l’attenzione sull’”intenzione”, o ”intenzione cosciente”, “Yì”, per controllare il flusso del Qì. I piedi e le anche sono i fulcri da cui tutti i movimenti della parte inferiore del corpo, e la forza stessa del Qì prodotta, originano, il Dāntián inferiore è la zona centrale, il centro da cui originano invece tutti i movimenti della parte superiore del corpo. Si mantiene il corpo sempre allineato e interconnesso, in modo tale che il movimento di una parte del corpo provochi un cambiamento coordinato in ogni altra parte.

Un altro elemento importante nella pratica del Tàijíquán è l’essere “Sōng”. Nonostante si possa tradurre Sōng con “rilassamento”, non bisogna confondere le due cose. Sōng significa, si, essere rilassato, ma anche all’erta, morbido, agile e in grado di muoversi rapidamente, e contemporaneamente anche forte, “come il ferro avvolto dal cotone”. L’ottenimento di queste capacità ha come punto iniziale la ricerca del rilassamento sia fisico che mentale.

Le spalle e le anche, le “barriere” articolari più importanti e grosse del corpo sono cruciali nella ricerca del rilassamento, e quindi della libera circolazione del Qì nel corpo. Il rilassamento delle anche è prioritario, in quanto facilita quello delle spalle. Flettere l’articolazione delle anche e piegare le ginocchia per tenere sospesa la testa sono le due esigenze maggiori per il corretto posizionamento del corpo nel Tàijíquán.

Il segno che la pratica del Tàijíquán è corretta è che si può sentire il proprio Qì circolare e il Jìn accumularsi nei muscoli e seguire l’intenzione del nostro movimento.
Per arrivare a questo punto è necessario allineare il corpo secondo certe regole fisse, correlate alla “apertura” di determinati punti del corpo su cui si deve portare l’attenzione durante la pratica.

Punti (agopunti) importanti nella pratica Tàijíquán

Esamineremo brevemente alcuni tra i punti (agopunti) più importanti da conoscere ai fini della pratica dello stile Chén del Tàijíquán.

KI1/Yŏngquán (Fontana Gorgogliante). Quando si appoggia il piede sul terreno a piatto e rilassato, il peso del corpo dovrebbe essere scaricato su questo punto. La pratica lenta delle forme di Tàijíquán permette di “sentire” questo punto. Nel Tàijíquán si dice: “Tutti i movimenti hanno la loro origine nei piedi, cominciano nelle gambe, sono controllati dalla zona della vita, si concludono alle mani”. In ogni movimento la percezione dello stesso deve essere radicata nel punto KI1/Yŏngquán. Il peso parte da uno di questi due punti, “riempiendo” l’arto inferiore corrispondente e “svuotando” l’altro.

GV4/Mìngmén (Porta della Vita). Tra la seconda e la terza vertebra lombare, alla stessa altezza dell’ombelico. Quando il petto viene rilassato e diventa “vuoto”, GV4/ Mìngmén viene automaticamente tirato in fuori. Questo punto si può considerare il punto più importante della zona della vita per quanto riguarda il movimento nel Tàijíquán.

GV20/Băihuì (Cento Riunioni). Tutti i meridiani Yáng si incontrano a questo punto. A livello di questa zona si dovrebbe sentire una sensazione di “tiraggio”, come se si fosse sospesi da questo punto verso l’alto. In caso contrario, durante la pratica il corpo sarà senza sostegno, flaccido. Per ottenere un corretto posizionamento di questo punto non fare pendere la testa in avanti (per guardare in basso), o indietro durante la pratica del Tàijíquán, e rientrare il mento. “Sospendere la sommità della testa” aiuta a condurre il Qì nel suo tragitto da KI1/Yŏngquán fino alla testa.

LU1/Zhōngfu (Dimora Centrale). In questo caso “Centrale” significa Riscaldatore Medio. Si trova al margine inferiore del 1° spazio intercostale, a sei cùn dalla linea mediana, sotto il processo coracoideo della scapola. Rilassando questi punti si rilasseranno clavicole e spalle, facilitando l’affondamento del Qì nel Dāntián e il raddrizzamento della zona lombare. In particolare, una volta che il Qì arriva alla testa, ridiscende verso il basso lungo la linea mediana del corpo. Per permettere questo tragitto bisogna appunto rilassare il petto e lasciare discendere le costole.

CV1/Huìyīn (Incrocio dello Yīn, o Riunione del Perineo). A metà strada tra la radice dei genitali e l’ano. CV1/Huìyīn, insieme a GV20/Băihuì, sono i due unici punti che si devono tenere e percepire sollevati verso l’alto. Importante la sensazione dell’allineamento tra questi due punti per facilitare la messa in moto del Piccolo Circuito Celeste (circolazione tra Dūmài e Renmài).

Tàijíquán e Qìgōng

La pratica del Tàijíquán, analogamente alla pratica del Qìgōng taoista, è generalmente distinta in quattro tappe:

  1. “Zhu ji” (Costruire le Fondamenta). Pratica di tecniche introduttive per il raggiungimento del rilassamento fisico e mentale, finalizzato a rallentare, fino a fermarlo, il flusso dei pensieri. Particolarmente importante è l’attenzione su quelli che si chiamano “i legamenti”, cioè le articolazioni: dalla spalla al polso, dai fianchi al tallone, dal sacro alla testa. Nella nostra Scuola questo prevede anche la pratica di una sequenza di posture e movimenti chiamata Wŭgōng, dei Bāduànjĭn (“Otto Broccati”), di esercizi introduttivi sui movimenti di base del Tàijíquán.
  2. “Ning jing lian qi” (Condensare il Jing per Raffinare il Qì), o “Lian jing hua qi” (Raffinare il Jing per Trasformarlo in Qi). Si pratica la concentrazione mentale su alcuni punti del corpo come i tre “Dantian”, il che permette al qi di potere scorrere all’interno del corpo e nei meridiani. A questo livello è importante la concentrazione sui punti sopra descritti e altri ancora durante l’esecuzione delle “forme”. Bisogna “sprofondare il Qì nel Dāntián” inferiore, in seguito fargli raggiungere braccia e gambe.
  3. “Lian qi hua shen” (Raffinare il Qì per Trasformarlo in Shén). Raggiunta l’armonia tra Shen e Yì, il qi sarà raffinato per raggiungere un più alto stato di coscienza e consapevolezza. Questo è il livello che fa sviluppare sensibilità particolari, al livello fisico e a quello psichico. A questo livello il Qì si muove attraverso l’osso sacro fino alla testa. Su questo punto scrive Cheng Man Ch’ing (1910-1975), un famoso Maestro di Tàijíquán, proprio a proposito di una tappa della pratica del Tàijíquán: “Quando il principiante inizia a imparare il T’ai Chi Ch’uan, dovrebbe chiudere la sua mente e il ch’i (altra traslitterazione di Qi) nel tan t’ien (altra traslitterazione di Dantian). … Dopo lungo tempo, il ch’i passa naturalmente attraverso il coccige, si diffonde lungo la colonna vertebrale e viaggia su attraverso la regione occipitale fino alla cima della testa; quindi ridiscende verso il tan t’ien. Ciò corrisponde all’unificazione dei meridiani jen altra traslitterazione di Ren, si riferisce al Canale extra Remai) e tu (altra traslitterazione di Du, si riferisce al Canale Extra Dumai) e all’accoppiamento di cuore e reni”. Non è una esatta descrizione della diffusa tecnica di Qìgōng detta Xiăozhōutiān (Piccolo Circuito Celeste)?
  4. “Lian shen huan xu” (Raffinare lo Shén per Tornare al Vuoto). La pratica a questo livello fa sì che la “perla brillante” cresciuta all’interno del Dantian si espanda nel corpo fino alla testa, illuminandolo. E’ il raggiungimento dell’estasi mistica, in cui si eliminano i confini tra il sé e il non-sé, tra “io” e Natura. A questo livello si è in armonia con il proprio avversario, e, per esempio, nello studio e la pratica del Tuīshŏu, “Spinta delle Mani”, si impara il “Tīng Jīn”, “ascoltare la forza” del partner, la si “comprende”.

Conclusioni

Il Tàijíquán, soprattutto lo stile Chén Xiăojià deriva, come il Qìgōng Taoista, dalla grande corrente filosofica del Taoismo, che ne influenza molto di più del Confucianesimo le tappe della pratica.
Alcune scuole di Qìgōng Taoista sono basate su movimenti e ”camminate” in cui si coordina il passo con il movimento delle mani. Analogamente il Tàijíquán Chénshi Xiăojià, attraverso la pratica delle “forme”, fin dall’inizio dell’apprendimento combina durezza e morbidezza, vuoto e pieno, Yīn e Yáng, anche se all’inizio prevale la ricerca della morbidezza e del rilassamento, mentre la maggior parte delle altre scuole di Tàijíquán basano la pratica iniziale sulla lentezza e il rilassamento.

Per concludere, le caratteristiche che permettono di considerare il Tàijíquán come una forma di Qigong si possono così riassumere:

  • Riequilibrio del corpo (Tiáoshēn). Attraverso lo studio dei movimenti di base e dell’esecuzione delle “forme”.
  • Riequilibrio del respiro (Tiáoxī). Il respiro si mantiene naturale durante la pratica, e con il progredire dell’esercizio diventa spontaneamente più profondo, uniforme e lento ma senza sforzo, scendendo verso il Dāntián. Ai livelli più avanzati il respiro si coordina con il movimento, con l’inspirazione durante i movimenti verso l’alto e l’interno e l’espirazione durante i movimenti verso il basso e l’esterno.
  • Riequilibrio della mente (Tiáoxīn). La concentrazione sugli agopunti descritti favorisce il riequilibrio dello Shén e dello Xīn, portando il praticante avanzato alla sensazione di fusione con l’ambiente circostante, punto più alto della pratica del Tàijíquán.

Gli autori:

Vito Marino: Vice-Presidente FISTQ, Presidente Onorario dell’Associazione QI, Istruttore di Qigong e di Taijiquan, Docente al Master Universitario di Agopuntura e MTC (Università di Palermo).

Riccardo Lombardo: Istruttore di Taijiquan, Maestro di Difesa Personale

Questo articolo è stato pubblicato per gentile concessione del Dr. Vito Marino.